Chiamiamola Giuditta
Chiamiamola Giuditta. All’inizio pensavo scherzasse. La scelta del nome di un figlio è uno dei momenti più belli nella storia di una coppia: hai una vertigine di possibilità davanti, tutte gratis e a portata di mano. Noi eravamo arrivati alla scelta abbastanza tardi. Dopo due aborti spontanei avevamo rinviato la discussione sul nome, per ragioni scaramantiche. Quando i tempi erano diventati maturi e il parto vicino Valentina aveva messo il veto sui nomi delle mie ex e, nonostante la scelta fosse ancora molto ampia, non ne aveva altri che le piacessero abbastanza. Così, per sparigliare, aveva giocato la carta “Giuditta”, ma io non riuscivo a non pensare a Roberto Benigni vestito di bianco nel Piccolo diavolo. No, non ero pronto per chiamarti Giuditta: mi sarei sentito Walter Matthau tutta la vita.
Un giorno, in auto, per sbloccare l’impasse ci mettemmo a sfogliare insieme i nomi delle nostre nonne. Sulle mie “Ida” e “Gabriella” ci trovammo d’accordo: nonne amatissime, ma i nomi non facevano per te. Poi toccò a quelle di Valentina: “Olga” e Amelia”. “Amelia? Perfetto”, dissi, un nome antico e nuovo, che terrà insieme il passato e il futuro. E Valentina questa volta non poteva dire no alla nonna con la quale era cresciuta. C’era un problema: “il nome è bello ma la nonna era una persona un po’ triste”, mi spiegò. Amelia era stata una donna forte e affettuosissima, ma anche molto pia e religiosa, amica di preti e suore che invitava a casa all’ora del tè in cambio dell’intercessione con tutti i santi del paradiso, e si era convertita al nero dopo la morte del marito, un total black che la rendeva vedova per sempre. In effetti tra noi l’unica certezza era che saresti stata simpatica, non bella ma simpatica sì, e sulla carta il nome di una donna trasfigurata dal lutto non faceva per te. Però Amelia ci piaceva molto e decidemmo che era il tuo. Un nome che scoprirai anche pieno di echi e di ricordi. Attraverso Amelia sei una donna coraggiosa che su un aereo ha sfidato i propri limiti, la protagonista di un’opera di Verdi, una grande poetessa infelice, un misterioso personaggio di un racconto di Pavese, anche un fumetto, Amelia la strega che ammalia.
Oggi, dieci anni dopo, sappiamo che sono le persone che rendono bello un nome, non il contrario. E abbiamo capito tutti perché ti chiami Amelia. Buon compleanno, amore mio.
(scritto il 2 agosto 2021)