Nanni Moretti e la prima lezione di pilates

Giovanni Cocconi
4 min readApr 19, 2023

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E’ sabato mattina. L’ora di tennis è saltata per la pioggia. Mia moglie insiste perché vada con lei alla lezione di pilates. “Vieni per vedere com’è, ci va anche Matteo”, il marito della vicina di casa. Me l’ha chiesto altre volte ma questa mattina ha annusato l’aria e sente che posso capitolare. Il giorno prima Nanni Moretti, in un’intervista al Venerdì, ha raccontato di “praticare pilates e tennis”. Ora, chi sono io per dire di no alle coincidenze? E chi sono io per avere pregiudizi che nemmeno Nanni Moretti — l’uomo con più antipatie al mondo — si sogna di avere? E poi siamo sicuri che il pilates “si pratichi”, come uno sport? In fondo è un’ora: posso permettermi di fare il difficile per un’ora?

Cedo, dico sì, “ma solo per questa volta”. Non ho ancora fatto i conti con mia figlia. “Vado a pilates con la mamma” e lei mi stende con uno di quegli sguardi definitivi di cui sono capaci solo le femmine preadolescenti, che prosciuga l’ultimo scampolo di autostima nella mia virilità paterna e occidentale. Peggio che se le avessi detto che mi ero depilato. Con uno sguardo mia figlia mi ha diseredato.
“Dici che è una cosa da femmine?”. Continua a tacere. Lei ha capito che il suo silenzio è più potente di qualsiasi commento e io che mia figlia ha pregiudizi peggiori dei miei. Non solo pensa che il pilates sia una roba da donne ma anche da donne non più giovani, ormai arrese all’idea di non “praticare” sport che forse non hanno praticato mai. Quindi, non solo ho ceduto alla richiesta della mamma ma ho ceduto per fare una cosa da donne dell’età della mamma. Ho perso ma ormai è troppo tardi per tornare indietro. Per fortuna la palestra è vicina e il supplizio durerà poco.

Arriviamo e mia moglie mi presenta. “Ciao Camilla, lui è mio marito, è venuto a provare”. Provare?!
“L’hai mai fatto prima?” mi chiede l’insegnante, trentenne, abile nel mettermi a mio agio con il “tu” o forse solo impietosita. “Mai” rispondo senza nemmeno far terminare la domanda, per mettere subito le mani avanti.

In palestra c’è un lungo specchio e capisco che non potrò nascondermi. Lo sguardo di Camilla, l’occhio di Dio, mi seguirà ovunque. Mi tolgo le scarpe e srotolo il tappetino con finta disinvoltura. Naturalmente, come aveva capito mia figlia, sono l’unico maschio in palestra con dieci donne, di cui una è mia moglie. Con lo specchio sembrano ancora di più.

I primi esercizi sono facili. Camilla è molto brava a spiegare l’utilità di ogni movimento e ad associarlo al singolo muscolo. Capisco che è molto diverso dallo yoga: per fortuna l’idea del “corpo in armonia con il Tutto e con l’energia dell’Universo” resta fuori dalla palestra. Anche perché il mio è molto arrugginito e poco in armonia anche con sé stesso.

Poi Camilla allunga un bastone a ognuno, anche a me, e sono contento di meritare l’upgrade. Subito dopo inizia a utilizzare parole inglesi che non conosco per spiegare i movimenti, solo “plank” mi ricorda qualcosa, e aggiunge sempre “inspirate” ed “espirate” e io cerco di capire quando “inspirare” e quando “espirare”, mi concentro, spesso li scambio, li confondo, finisco per scompormi.

A un certo punto l’insegnante ci consegna un elastico colorato da annodare al bastone che non promette niente di buono e inizia a scandire le operazioni da fare, vere e proprie sequenze di movimenti da eseguire con un ordine preciso, accompagnate da “inspirate” ed “espirate” e io non riesco a pensare a troppe cose alla volte, e la schiena che deve stare sempre dritta e il bacino dobbiamo tenerlo attaccato alla schiena, e la testa come se fosse legata al soffitto con un filo, intanto dobbiamo inspirare, e le mani devono stare all’altezza delle spalle, e poi girate l’elastico dietro la schiena e sotto un’ascella e poi giratelo dietro l’altra ed espirate, con una lieve torsione ma senza muovere le caviglie. Io guardo Camilla per vedere come si fa, ma lei si alza in piedi e gira tra di noi, quando è vicina mi sorride e aggiunge “la prima volta è normale” e lì capisco che sono diventato uno spettacolo patetico, che inspirare ed espirare è il problema minore, che il pilates si pratica anche se non è uno sport.

Intanto fuori è spuntato il sole. E, insomma, potevo andare a giocare a tennis, e mia figlia non mi avrebbe diseredato, e me ne starei tranquillo con i miei pregiudizi e, come lei, continuerei a pensare che il pilates è solo per donne, non anche per uomini in là con gli anni come me e che Dio lo ha inventato per ricordarci che non siamo più giovani, ma che non è mai troppo tardi. Infatti Nanni Moretti ha settant’anni.

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Giovanni Cocconi

"Scrivere è cercare la calma, e qualche volta trovarla. È tornare a casa. Lo stesso che leggere" (Anna Maria Ortese). Qui solo cose personali